Nel suo
campo, la neuropsichiatria, è considerato un luminare. Emiliano Passacantilli
però è qualcosa di più. Un precursore che grazie alle sue tecniche ha dato un
enorme contributo alla disabilità.
Dottor Passacantilli qual è la sua
specializzazione?
Con
l’associazione Nsa Neurochirurgia, che ho fondato tre anni fa insieme a due
colleghi che conosco dai tempi del Policlinico di Roma, Antonio Nardone e Iacopo
Lenzi al quale si è poi aggiunto anche Gennaro Lapadula come partner associato,
ci occupiamo essenzialmente di problematiche neurochirurgiche che interessano
la colonna vertebrale. La competenza e lo studio di anni ci hanno permesso di
sviluppare un metodo di cura minimamente invasivo che riesce a risolvere
problemi anche molto importanti e intervenire su malattie degenerative gravemente
disabilitanti che colpiscono persone avanti negli anni. La caratteristica
principale è che si tratta di un approccio minimamente invasivo: il paziente
dopo due giorni può essere già dimesso.
Partiamo
dallo studio attento del paziente. Il dolore è comunque il sintomo principale.
Da lì capiamo come intervenire nella maniera meno invasiva. Utilizziamo
soluzioni sempre su misura, non standardizzate e soprattutto innovative,
servendoci di strumenti come il microscopio e l’endoscopio con diametro grande
come una testa di una penna per entrare nel canale vertebrale in anestesia
locale e risolvere molti problemi degenerativi della colonna vertebrale. Lavoriamo
sia in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale con strutture
d’eccellenza che si trovano a Roma o in altre Regioni, Toscana, Marche. La
nostra forza? Le liste di attesa sono molto limitate. Lavorando in convenzione
il paziente può essere operato nel minor tempo possibile. Viene quindi tagliata
l’attesa.
E quali sono i vantaggi?
Il vantaggio
di fare interventi minimamente invasivi sulla colonna vertebrale significa un recupero
velocissimo e il ritorno alla normalità in tempi brevi. Quando facciamo
interventi in circa due giorni il paziente può essere dimesso e tornare a casa.
L’efficacia e la possibilità di risolvere il problema è garantito. I rischi di
complicanze o infettivi sono minimi.
I suoi metodi sono utilizzabili anche su
bambini con disabilità?
Sì. Uno
dei nostri cofondatori si occupa proprio di neuropsichiatria infantile, settore
che seguiamo da vicino.
Lei si è formato anche negli Stati Uniti. Quali
sono le differenze tra il nostro sistema sanitario e quello americano?
Ho
frequentato molto e continuo a frequentare gli Stati Uniti avendo una cattedra all’università
di New York nella quale ogni anno tengo corsi. Si tratta di due sistemi profondamente
diversi. Il nostro offre prestazioni a una fascia della popolazione molto
maggiore perché è sostanzialmente gratuito. Tutti possono accedere alle cure. Il
sistema americano invece in questo è molto più elitario. Le fasce più deboli
della società hanno molta difficoltà a farsi curare. Negli Stati Uniti,
rispetto all’Italia, però si investe moltissimo in ricerca e per questo ci sono
punte di eccellenza in patologie rare. I nostri specialisti però, questo ci
tengo a dirlo, sono tra i migliori al mondo.
Come sta cambiando il servizio sanitario in
Italia?
Negli
ultimi 4 anni c’è stato un mutamento radicale, una ridistribuzione della spesa,
la chiusura di molte strutture e molti reparti ospedalieri. Questo ha creato un
crollo della qualità e la disistima del paziente nei confronti del Sistema
Sanitario. Basti pensare alle liste d’attesa. Proprio per questo noi abbiamo
realizzato questa associazione di neurochirurgia. Lavorando in convenzione con
il sistema sanitario arginiamo il problema e possiamo permetterci di rimettere
il paziente al centro, occupandoci di lui non solo dal punto di vista fisico ma
anche psicologico. Tagliare le liste di attesa è fondamentale.
Qual è il ricordo più bello che conserva della
sua carriera?
Al
Policlinico. Era sera e io di guardia. Arriva un ragazzo colpito dallo
specchietto di una metropolitana in corsa. Aveva la testa completamente
fracassata. L’operazione durò tutta la notte ma andò bene. Uscì senza
grossolani deficit motori. Qualche tempo fa io non ero a casa e mia moglie
ordina delle pizze. Un ragazzo suona alla porta e chiede se quella sia la casa
del dottor Passacantilli. Mia moglie annuisce e lui le racconta tutta la
storia, affermando che se era vivo e poteva consegnare pizze lo doveva a quel
lungo intervento riuscito. È stata una delle tante emozioni che ripaga i
sacrifici e le notti trascorse a lavorare.
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