martedì 27 settembre 2016

NEUROCHIRURGIA E DISABILITA'. INTERVISTA AL PROF. PASSACANTILLI

Nel suo campo, la neuropsichiatria, è considerato un luminare. Emiliano Passacantilli però è qualcosa di più. Un precursore che grazie alle sue tecniche ha dato un enorme contributo alla disabilità.

Dottor Passacantilli qual è la sua specializzazione?

Con l’associazione Nsa Neurochirurgia, che ho fondato tre anni fa insieme a due colleghi che conosco dai tempi del Policlinico di Roma, Antonio Nardone e Iacopo Lenzi al quale si è poi aggiunto anche Gennaro Lapadula come partner associato, ci occupiamo essenzialmente di problematiche neurochirurgiche che interessano la colonna vertebrale. La competenza e lo studio di anni ci hanno permesso di sviluppare un metodo di cura minimamente invasivo che riesce a risolvere problemi anche molto importanti e intervenire su malattie degenerative gravemente disabilitanti che colpiscono persone avanti negli anni. La caratteristica principale è che si tratta di un approccio minimamente invasivo: il paziente dopo due giorni può essere già dimesso.

Quali sono i primi sintomi di cui vi occupate?

Partiamo dallo studio attento del paziente. Il dolore è comunque il sintomo principale. Da lì capiamo come intervenire nella maniera meno invasiva. Utilizziamo soluzioni sempre su misura, non standardizzate e soprattutto innovative, servendoci di strumenti come il microscopio e l’endoscopio con diametro grande come una testa di una penna per entrare nel canale vertebrale in anestesia locale e risolvere molti problemi degenerativi della colonna vertebrale. Lavoriamo sia in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale con strutture d’eccellenza che si trovano a Roma o in altre Regioni, Toscana, Marche. La nostra forza? Le liste di attesa sono molto limitate. Lavorando in convenzione il paziente può essere operato nel minor tempo possibile. Viene quindi tagliata l’attesa.

E quali sono i vantaggi?

Il vantaggio di fare interventi minimamente invasivi sulla colonna vertebrale significa un recupero velocissimo e il ritorno alla normalità in tempi brevi. Quando facciamo interventi in circa due giorni il paziente può essere dimesso e tornare a casa. L’efficacia e la possibilità di risolvere il problema è garantito. I rischi di complicanze o infettivi sono minimi.

I suoi metodi sono utilizzabili anche su bambini con disabilità?

Sì. Uno dei nostri cofondatori si occupa proprio di neuropsichiatria infantile, settore che seguiamo da vicino.

Lei si è formato anche negli Stati Uniti. Quali sono le differenze tra il nostro sistema sanitario e quello americano?

Ho frequentato molto e continuo a frequentare gli Stati Uniti avendo una cattedra all’università di New York nella quale ogni anno tengo corsi. Si tratta di due sistemi profondamente diversi. Il nostro offre prestazioni a una fascia della popolazione molto maggiore perché è sostanzialmente gratuito. Tutti possono accedere alle cure. Il sistema americano invece in questo è molto più elitario. Le fasce più deboli della società hanno molta difficoltà a farsi curare. Negli Stati Uniti, rispetto all’Italia, però si investe moltissimo in ricerca e per questo ci sono punte di eccellenza in patologie rare. I nostri specialisti però, questo ci tengo a dirlo, sono tra i migliori al mondo.

Come sta cambiando il servizio sanitario in Italia?

Negli ultimi 4 anni c’è stato un mutamento radicale, una ridistribuzione della spesa, la chiusura di molte strutture e molti reparti ospedalieri. Questo ha creato un crollo della qualità e la disistima del paziente nei confronti del Sistema Sanitario. Basti pensare alle liste d’attesa. Proprio per questo noi abbiamo realizzato questa associazione di neurochirurgia. Lavorando in convenzione con il sistema sanitario arginiamo il problema e possiamo permetterci di rimettere il paziente al centro, occupandoci di lui non solo dal punto di vista fisico ma anche psicologico. Tagliare le liste di attesa è fondamentale.

Qual è il ricordo più bello che conserva della sua carriera?

Al Policlinico. Era sera e io di guardia. Arriva un ragazzo colpito dallo specchietto di una metropolitana in corsa. Aveva la testa completamente fracassata. L’operazione durò tutta la notte ma andò bene. Uscì senza grossolani deficit motori. Qualche tempo fa io non ero a casa e mia moglie ordina delle pizze. Un ragazzo suona alla porta e chiede se quella sia la casa del dottor Passacantilli. Mia moglie annuisce e lui le racconta tutta la storia, affermando che se era vivo e poteva consegnare pizze lo doveva a quel lungo intervento riuscito. È stata una delle tante emozioni che ripaga i sacrifici e le notti trascorse a lavorare.


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