Negli
appalti pubblici di servizi non si può imporre alle imprese concorrenti
l’applicazione di un determinato contratto collettivo per i dipendenti: lo
sottolinea il Tar Lazio con sentenza 11 febbraio 2016 n. 1969. Il principio è
rilevante per le conseguenze sulla “clausola sociale” e perché garantisce
concorrenza tra imprese.
La
clausola sociale impone di riassumere i dipendenti dell’impresa uscente, ed è
oggetto di recente conferma nella legge 11/2016 (delega per recepire direttive
comunitarie nel settore degli appalti). Nel futuro codice dei contratti
pubblici vi sarà un punteggio premiale per le clausole sociali ma nell’attesa
ci si domanda fino a che punto la clausola sociale possa imporre
all’aggiudicatario lo stesso contratto, o il numero e la tipologia della forza
lavoro applicata dal precedente fornitore di servizi. Alla clausola sociale si
contrappone la diversa organizzazione imprenditoriale del subentrante, perché
il contratto collettivo dell’impresa subentrante può essere diverso da quello
indicato nel bando di gara, pur essendo pertinente all’oggetto dell’appalto e
garante dei livelli retributivi dei lavoratori. Trasporti, vigilanza e pulizie
sono i settori in cui le clausole sociali e i contenziosi sono frequenti: nella
sentenza 1969/2016, i giudici romani hanno esaminato una gara per il servizio
di assistenza domiciliare a disabili, dalla quale una Onlus era stata esclusa
perché non applicava il contratto collettivo delle cooperative sociali.
Secondo il Tar, l’esclusione è illegittima perché la Onlus aveva calibrato la sua offerta su di un contratto (quello dei dipendenti da strutture associative Anfaas) che comunque prevedeva livelli retributivi adeguati e congrui, idonei a remunerare anche il personale da riassorbire.
In un altro caso, per un appalto
di servizio di logistica di un’Azienda ospedaliera, l’impresa aggiudicataria
aveva dichiarato di voler assumere i lavoratori con il Ccnl del comparto
generale Pulizie servizi integrati/multiservizi, mentre il bando imponeva, per
la specificità delle prestazioni in gara, l’applicazione del diverso e più
oneroso Ccnl Logistica, trasporto merci e spedizioni. Il contenzioso su questo
punto è stato risolto dal Consiglio di Stato (5597/2015), che ha condiviso la
tesi dell’impresa che si era discostata dal bando, sottolineando che la
stazione appaltante deve tener conto anche delle possibili economie che le
diverse singole imprese possano conseguire nel calcolo del costo del lavoro con
diversi contratti. Infine, il Tar Torino (23/2015), per un appalto di servizio
di vigilanza antincendio ad un elisoccorso, ha ritenuto che il vincitore avesse
legittimamente applicato il Ccnl “sorveglianza antincendio” invece di quello
“multiservizi”, previsto dalla stazione appaltante.
In tutti
questi casi, la differenza di contratto si rifletteva sull’entità dell’offerta
e sul principio di libera determinazione delle condizioni lavorative ad opera
delle parti interessate (articolo 2607 e seguenti del Codice civile): da un
lato, infatti, spetta all’autonomia negoziale delle parti definire l’ambito di
applicazione dei contratti collettivi di lavoro che esse stipulano (Tar Toscana
1160/2013), ma dall’altro occorre riassumere i dipendenti altrui. L’impresa
aggiudicataria che subentri può scegliere il Ccnl da applicare, purchè garantisca
il mantenimento dei livelli occupazionali in atto (Tar Lazio 2848/2011 e
9570/2011). Il numero e la qualifica dei dipendenti da assumere devono cioè
essere armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore
subentrante (Consiglio di Stato 3850/2009), anche perchè i lavoratori che non
trovino spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano
impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari degli
ammortizzatori sociali.
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Guglielmo
Saporito
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