Prima
l’indignazione che monta sul web. Poi l’eco mediatica, lo scandalo. Persino
interrogazioni parlamentari. Ma la storia del «bimbo disabile chiuso nello
stanzino» non ha avuto comunque un lieto fine. Non ancora, almeno. Alessio a
scuola infatti non è più tornato. La
vicenda. Il 19
novembre 2015 la mamma Cristina va a prendere il figlio di 8 anni
all’elementare Tullia Zevi di Casalpalocco, vicino a Ostia. Alessio si porta
dietro dalla nascita una colpa non sua: una paralisi celebrale che lo costringe
sulla carrozzina. Ha bisogno di attenzioni costanti, per mangiare,
socializzare.
«Arrivo senza preavviso e trovo davanti ai miei occhi questo lager», si sfogò Cristina su Facebook postando la foto del figlio, solo, chiuso in una stanza, accanto al «tappeto giallo, sudicio e usato da anni come base per cambiargli il pannolino». Ne nacque un caso. L’immagine di quel bimbo biondo con il viso rivolto verso il muro venne condivisa 90mila volte. «Non è cambiato nulla». Dopo due mesi la situazione però non è affatto risolta. Anzi, è peggiorata. «Come potevamo rimandarlo in quella scuola? Non è cambiato nulla – racconta la mamma Cristina –. Mancano gli operatori specializzati per seguire in modo adeguato nostro figlio, non è garantita un’assistenza dignitosa». Nonostante gli incontri con la scuola - spiegano i genitori - per Alessio niente banco speciale, né Pei, Piano educativo individualizzato, strumento per l’integrazione nella scuola degli alunni disabili stabilito dal Miur. «Cerchiamo posto in altre scuole, ma alcune sono piene o non attrezzate. Quel giorno a scuola c’era solo un Aec (Assistente Educativo Culturale, figura di sostegno per disabili, ndr) che doveva seguire tre bambini. Manca il personale. La verità è che a nessuno importa dei nostri figli».
«Arrivo senza preavviso e trovo davanti ai miei occhi questo lager», si sfogò Cristina su Facebook postando la foto del figlio, solo, chiuso in una stanza, accanto al «tappeto giallo, sudicio e usato da anni come base per cambiargli il pannolino». Ne nacque un caso. L’immagine di quel bimbo biondo con il viso rivolto verso il muro venne condivisa 90mila volte. «Non è cambiato nulla». Dopo due mesi la situazione però non è affatto risolta. Anzi, è peggiorata. «Come potevamo rimandarlo in quella scuola? Non è cambiato nulla – racconta la mamma Cristina –. Mancano gli operatori specializzati per seguire in modo adeguato nostro figlio, non è garantita un’assistenza dignitosa». Nonostante gli incontri con la scuola - spiegano i genitori - per Alessio niente banco speciale, né Pei, Piano educativo individualizzato, strumento per l’integrazione nella scuola degli alunni disabili stabilito dal Miur. «Cerchiamo posto in altre scuole, ma alcune sono piene o non attrezzate. Quel giorno a scuola c’era solo un Aec (Assistente Educativo Culturale, figura di sostegno per disabili, ndr) che doveva seguire tre bambini. Manca il personale. La verità è che a nessuno importa dei nostri figli».
Solo
promesse. Dalle
istituzioni solo promesse. Dal X Municipio si sta cercando un’altra scuola, ma
ancora niente assistenza domiciliare. Tanta invece la solidarietà delle persone
comuni per la famiglia, ora seguita dall’Anffas Ostia, onlus che assiste i
ragazzi con disabilità e che si è anche offerta di «prestare» gratuitamente
alla scuola un educatore e le attrezzature necessarie ad Alessio. Senza avere
risposte. Da un anno il servizio Aec nel X Municipio è nel caos: nel bando
2014, «pieno di vizi» secondo il Tar che diede ragione al ricorso di Anffas
(esclusa dalla gara), c’era anche la Virtus, coop nominata nelle
intercettazioni di Mafia Capitale. Rifatto due volte, sul bando pende un altro
ricorso di Anffas, nuovamente estromessa.
Valeria Costantini 'Il Corriere della Sera'
Nessun commento:
Posta un commento