Quando
venni a vivere a Ostia insieme alla mia famiglia nel 1978,
avere un figlio con disabilità significava essere soli. Non
c’era nulla. Servizi neanche a sognarseli. Se provavi ad andare in spiaggia
rischiavi pure di trovarti i vigili poco dopo perché qualcuno aveva
scambiato il tuo ragazzo per un tossico. Decisi di fare qualcosa: non solo
per mio figlio ma per tutte quelle famiglie che erano nelle mie stesse
condizioni, in balìa di un presente che non regalava
nulla. Piangermi addosso non è nel mio stile. Sono sempre stata una
combattiva per natura.
Così
insieme ad alcuni amici, che decisero di seguirmi, fondai Anffas
Ostia e iniziammo un cammino lungo 35 anni. Ne abbiamo viste di tutti
i colori. Scegliere una sola immagine sarebbe arduo. Però so cos’è la
cosa più bella che abbiamo creato: una famiglia nella famiglia. Perché
come diciamo sempre: una famiglia sola non basta. Oggi abbiamo cura e carico di
oltre 400 ragazzi, di cui molti piccolissimi. Ma non solo di loro,
anche dei loro genitori. Perché quando c’è un problema, se non si
hanno supporti come quelli che fornisce Anffas in generale, si rischia di
sfasciare tutto.
La carta
vincente di un’associazione di famigliari di persone con disabilità come
la nostra, è la presa in carico globale di tutta la famiglia e non
solo del piccolo. Da soli non si va da nessuna parte. E grazie alla nostra
cocciutaggine che oggi siamo riusciti a inaugurare un’agenzia per l’inserimento
lavorativo delle persone con disabilità, realizzare corsi di
formazione professionali, creare un centro sull’autismo e uno
sportello per le famiglie, realizzando tutto questo in
un’ex bisca illegale confiscata alla criminalità. La legalità
può affermarsi sul serio, non solo a parole, quando istituzioni ed enti come
Anffas Onlus, collaborano per raggiungere un obiettivo.
Ricordo
bene il lungo iter ‘burocratico’. Il premio come Best Practise per il miglior
progetto di riconversione di uno stabile confiscato alla mafia. L’inaugurazione
nel dicembre del 2013 e poi il lavoro per creare un centro che facesse
del reinserimento delle persone con disabilità nella società uno dei
suoi obiettivi. Oggi tutto questo è realtà. Oggi quel centro è vivo e
proprio grazie a quel centro sono stati sottoscritti dei protocolli con alcuni
istituti di Roma per interventi su ragazzi autistici in classe (l’autismo tende
a isolare il ragazzo, mentre noi cerchiamo di integrare il ragazzo con il resto
del gruppo). Abbiamo gettato le basi per ampliare quei protocolli a tutte le
altre disabilità intellettive-relazionali. Sono e continuano a essere formati
ragazzi per il mondo del lavoro.
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